Macchine come me, Ian McEwan

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«Non appena divenne fattibile non ci restò altra scelta che provarci, e al diavolo le conseguenze. A dirla nel più nobile dei modi, cercavamo di sottrarci alla nostra condizione mortale, di affrontare se non di sostituire la divinità con un io esemplare. In parole più povere, intendevano ideare una versione migliore e più moderna di noi stessi e gioire del trionfo dell’estro, del brivido della nostra maestria. Nell’autunno del ventesimo secolo finalmente accadde, il primo passo verso la conquista di un sogno antico, l’inizio di un lungo insegnamento in base al quale ci saremmo detti che, per quanto complicati fossimo, per quanto imprecisa e difficile risultasse la descrizione dei nostri gesti e comportamenti, anche i più banali, potevamo essere imitati e perfezionati.»

Siamo nella Londra del 1982, ma in uno scenario totalmente diverso da quello che conosciamo; la Gran Bretagna viene sconfitta nella guerra per le Falkland, i Beatles si sono riuniti e Alan Turing è vivo e lavora alla realizzazione delle “macchine del futuro”, androidi creati ad immagine e somiglianza degli uomini: Adam e Eve. Charlie, protagonista del romanzo, grazie all’eredità lasciata dalla madre, decide di acquista un Adam, che sin da subito mostrerà capacità al di sopra di ogni aspettativa. Adam non solo ha una conoscenza pressoché illimitata degli eventi del mondo e della storia, ma dimostra di avere un buon senso superiore a quello di tanti umani, di saper comprendere la differenza tra cosa è giusto e cosa è sbagliato. Per questa ragione, sia gli Adam che le Eve vengono travolti dalla brutalità e dalla crudeltà umane. Non sono programmati per comprendere le guerre e l’olocausto, né per sopportare i danni climatici che l’uomo ha contribuito a determinare. Il loro cervello non può concepire una bugia detta (neppur se detta a fin di bene, così come non comprende la vendetta personale: questi androidi conoscono solo il valore della giustizia e della verità. Ma può un androide essere felice, provare sentimenti al pari degli uomini?  Contrariamente alle aspettative, Adam è una macchina in grado di provare amore, gelosia, rabbia, capace di fare battute di spirito e con una spiccata propensione per la poesia e la letteratura. L’umano Charlie assiste con disappunto a questa svolta: non riuscendo a vivere in armonia con la macchina, continuerà a considerarla come niente di più di un potente elettrodomestico; non pochi sono i conflitti che accompagnano la relazione umano-androide e che si esauriscono nell’incompatibilità di intendere i rapporti come sistema di compromessi e la vita come aspirazione alla giustizia e al miglioramento individuale.

In “Macchine come me”, Ian McEwan ci costringe a ripensare il nostro modo di vivere, mettendo a nudo la nostra umanità e i nostri limiti: quali sono le nostre paure e debolezze? Come cambiano le relazioni con l’avvento della tecnologia?  Al contempo, ci permette di riscoprire la tenerezza e la dolcezza dell’infanzia, l’emozione profonda dell’amore, il desiderio di liberarci dai vincoli della tecnologia cui non sappiamo sottrarci, in favore di relazioni più vere e autentiche, più …umane!